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Salmone affumicato, cosa c’è da sapere?

Il salmone ci piace sempre di più. E se ormai è entrato nella spesa settimanale di molti, nel mese di dicembre le vendite si impennano, perché è protagonista degli antipasti nelle cene delle feste a base di pesce. Serve proprio una pratica guida all’acquisto!

La pesca in mare aperto

Partiamo dalla prima grande domanda: meglio allevato o selvaggio? La risposta non è così scontata.

Se consideriamo la genuinità vince il selvaggio, che ha vissuto e si è nutrito in modo naturale e non ha subito trattamenti con farmaci. C’è da dire però che i test comparativi verificano a volte una maggiore percentuale di residui di inquinanti ambientali rispetto al pesce allevato. Motivo per non mangiarne quotidianamente, ma nessun problema per un consumo anche due volte la settimana, dicono gli esperti.

Considerato poi lo stato delle riserve ittiche, quando si decide per il salmone selvaggio vale la pena di cercare in etichetta un marchio che garantisca l’applicazione di una tecnica di “pesca sostenibile”. Si possono trovare diversi tipi di certificazione, ma alcune confezioni, c’è da dirlo, non fanno nessun cenno alla questione.

L’allevamento, sì, ma come?

Non c’è un unico modo che valga in ogni parte del mondo. Mangime utilizzato, spazio a disposizione di ogni animale, trattamenti con farmaci possono essere i più diversi. La maggior parte delle informazioni disponibili arrivano dalla Norvegia, Paese che ha il pesce come secondo prodotto d’esportazione dopo il petrolio, tanto da vantare un ministero dedicato alla pesca. In effetti la maggior parte del salmone venduto in Italia arriva da lì. Riferendoci quindi agli allevamenti di questa nazione, dove è tutto regolamentato e controllato, possiamo dire che l’uso degli antibiotici negli allevamenti si è molto ridotto negli anni perché si lavora di prevenzione, anche con vaccinazioni. Il mangime è composto da una parte vegetale e le gabbie non sono così sovraffollate, anche perché un maggior benessere degli animali si traduce in una salute migliore e quindi inferiore necessità di trattamenti.

L’importanza del colore

In natura, il colore arancione delle carni di salmone è dato da un carotenoide, l’astaxantina, presente nei crostacei e che passa poi nel salmone selvaggio che se ne nutre. La stessa sostanza, ma sintetizzata a partire dal betacarotene, viene aggiunta ai mangimi negli allevamenti, così da dare anche al salmone allevato lo stesso colore, imprescindibile per il consumatore – il salmone dev’essere color salmone!

Al momento dell’acquisto, la colorazione del filetto deve apparire uniforme, ma l’intensità – arancione più o meno carico – non ha importanza.

Lavorato fresco. Oppure da congelato

Per la natura stessa della pesca, il salmone selvaggio non può che venir congelato sulle navi per essere poi successivamente trasportato nei luoghi di trasformazione, scongelato e quindi lavorato. Il pesce allevato, invece, viene spesso – non sempre – trattato da fresco: questa è un’indicazione da cercare in etichetta.

Sale a secco e fumo di faggio

Altre indicazioni diffuse sulle confezioni fanno riferimento alle modalità di trasformazione dei filetti di salmone.

La prima è relativa alla salatura. Il metodo migliore è quella tradizionale, a mano, a secco. È probabile che, se non è scritto in etichetta, sia stata invece effettuata quella in salamoia, immergendo i filetti in vasche di acqua salata, che dà come risultato prodotti meno pregiati.

Secondo passaggio, l’affumicatura. Può essere fatta a caldo, e di fatto si tratta di una cottura, o a basse temperature. Il salmone diffuso da noi è affumicato a freddo. L’essenza più citata in etichetta è il legno di faggio. Se però nell’elenco degli ingredienti si trova indicato “fumo” è possibile che sia stato aggiunto come additivo. A proposito di ricetta, l’ideale è che negli ingredienti si legga solo salmone e sale, null’altro (a volte è aggiunto zucchero).

Attenzione a conservazione e scadenza

Il salmone affumicato è, di fatto, pesce crudo. Alcuni produttori lo congelano prima della lavorazione per garantire l’assenza di anisakis, parassita che può infestare il pesce, ma il salmone allevato in Norvegia può evitare questo trattamento perché è verificato che questo parassita lì non è presente.

La lavorazione del pesce da fresco migliora la consistenza delle carni e anche l’integrità degli acidi grassi polinsaturi, che sono sensibili all’ossidazione anche a basse temperature.

La scadenza è indicata tra le 3 e le 6 settimane, ma è essenziale che la temperatura in frigo, al super come a casa, sia molto bassa, tra 0 e 4 °C.

E il prezzo?

Se, come sempre, prezzi molto bassi possono far pensare a qualità non eccelsa (offerte a parte), i test comparativi realizzati negli ultimi tempi da associazioni di consumatori non hanno trovato una relazione diretta e reale tra prezzo del salmone affumicato e qualità. Conviene allora considerare in etichetta le caratteristiche desiderate sull’origine (pescato o allevato) e le modalità di trasformazione (salato a secco, affumicato in modo tradizionale) per decidere quanto pagare il prodotto. L’assaggio, poi, sarà un ulteriore elemento da considerare, una volta aperta la confezione.

Proteine e grassi buoni

Il 20-23% per etto sono la notevole quota di proteine che il salmone affumicato offre al consumo, accompagnata da quantità molto più variabili di grassi. Nel caso del pesce selvaggio la media è di circa 4 grammi per etto, mentre nell’allevato si sale a circa il 10 (e si può superare il 15%). Le calorie, di conseguenza, sono circa 130 per etto nel salmone selvaggio e 180 in quello allevato. In entrambi i casi, è considerevole il livello di acidi grassi omega 3, una categoria di grassi polinsaturi utili in particolare per il nostro sistema cardiovascolare.

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